mercoledì 29 febbraio 2012

Italia: apertura cercasi

Matt Williams, irlandese, ex CT della Scozia, ha sparato ad alzo zero sulla FIR, in un articolo sull'Irish Times, per la mancanza di programmazione rugbistica e via dicendo. Il giudizio, sia pur condivisibile, è però guarnito dal fatto che, come ogni buon qualunquista, abbina i suoi ragionamenti alla Chiesa Cattolica ed alla mafia nostrane. Il che è tutto dire. Il buon (?) Matt ha perso un'occasione d'oro per far bella figura, perchè se avesse imbastito una semplice disgressione tecnica sul rugby italiano, senza cadere così pesantemente nei luoghi comuni che contraddistinguono i nulla pensanti, avrebbe potuto provocare ulteriori discussioni positive ai fini della nostra crescita in questo sport. Forse il cervellone si dimentica che gli inni irlandesi, per il rugby, sono due: metà squadra canta il primo e l'altra metà il secondo. Il vate si scorda, anche, che la divisione religiosa, in Irlanda, ha fatto centinaia di vittime, e che il Paese è rappresentato da due bandiere, segno di divisione profonda, anche politica, sociale e sportiva (sport gaelici). Nessun confine tra due Stati, come quello irlandese, è anche segno di divisioni e rivalità profondamente radicate nella cultura e, conseguentemente, nell'animo dei loro abitanti.
Ma per tornare ai guai di casa nostra, il problema dell'apertura è pressante. Certo, ci vuole del tempo per forgiare altri Collodo, Bettarello e Dominguez, ma dall'inizio del 6 Nazioni ad oggi, la FIR ha avuto 12 anni di tempo per pensarci. E non l'ha fatto. E tutto ciò è aggravato dal fatto che, chi doveva sapere, sapeva. Sapeva e non ha fatto nulla; se n'è lavato le mani, tanto per usare un'espressione educata, pensando che qualche Santo in Paradiso lavorasse al posto suo. E così, mentre proprio l'Irlanda ha plasmato il dopo O'Gara con Sexton, l'Inghilterra si è preoccupata di sostituire Wilkinson con Farrel e Flood, la Francia ha proposto Parra, Trinh-Duc, Beauxis e Doussain, il Galles ha formato Hook, Biggar e Preistland e la Scozia ha messo in campo Leonard, Jackson, Weir e Laidlaw, l'Italia cos'ha fatto? Dopo Dominguez, in ordine alfabetico, ha sperimentato quasi inutilmente: Bocchino, Botes, Burton, De Marigny, Gower,  Marcato, Masi, Mc Lean, Orquera, Pez, Raineri, Scanavacca e Wakarua. E forse ne ho lasciato fuori qualcuno. E quanti di questi di formazione italiana? Quattro!
Il problema di una federazione incapace ed irresponsabile esiste da tempo, ma meccanismi elettorali, interessi di bottega, mantenimento dello status quo, equilibri di potere e quant'altro stanno massacrando il nostro rugby senza che nessuno, al momento, possa fare nulla per raddrizzare questa "Costa Concordia ovale" che, pian piano, si sta inabissando.
Franco

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