Il primo campionato disputato nella stagione scorsa ha visto trionfare l’outsider Petrarca Padova nella finale contro il super favorito Rovigo. Era il XII scudetto per i padovani, giunto a distanza di ventiquattro anni dall’undicesimo. Quello di quest’anno vede al via le neo-promosse Reggio Emilia e Calvisano, più la debuttante San Gregorio Catania che ha acquisito il diritto di disputare l’Eccellenza a causa della rinuncia della Roma, in via di dissolvimento.
Le altre contendenti, oltre ai Campioni d’Italia del Petrarca, al Rovigo e alle nuove arrivate sono: Crociati Parma, Cavalieri Prato, L’Aquila, Mogliano e Lazio. Ad una prima analisi sembrerebbe un campionato diviso nettamente in due. Da una parte le pretendenti ai play-off: Petrarca, Rovigo, Prato e Parma; dall’altra le formazioni che lotteranno per la salvezza: Catania, Lazio, L’Aquila, Mogliano, Calvisano. Ma sono previsioni da prendere con le pinze, poiché Mogliano e Calvisano si sono mosse molto bene sul mercato durante l’estate e potrebbero riservare parecchie sorprese. In definitiva, prima di azzardare pronostici più azzardati sarebbe bene aspettare le prime fasi del campionato.
Ma per il momento il prossimo campionato lo vorrei lasciare da parte e parlare di altro. Abbiamo tutta una stagione davanti per sviscerarlo a dovere. Parliamo di cinema, pur restando comunque in tema sportivo.
Ne avrete visti anche voi di quei film, solitamente americani, in cui la squadra del cuore lotta ma non vince, galleggia ma non emerge, ci mette il cuore ma al più riesce solo a piazzarsi. Finché ad un certo punto non succede qualcosa, gli equilibri cambiano, i giocatori acquistano confidenza e fiducia nei propri mezzi. Tutto l’ambiente intorno alla squadra percepisce che sta succedendo qualcosa, gli appassionati e tifosi tornano a credere nella squadra che, partita dopo partita, punto dopo punto, cresce. I media tornano ad interessarsene, gli avversari cominciano a temere sul serio quella squadra che fino a poco tempo prima non avevano in grande considerazione. Semifinali superate con la grinta e la volontà, lottando anche contro i pronostici che vedevano favoriti avversari ritenuti più forti. Finché non arriva il tanto atteso giorno della finale. Esserci è già una vittoria per quella squadra dal grande passato, ma da tempo a secco di titoli. Tanto, troppo tempo. La finale è dunque l’occasione per riguadagnare il tempo e il prestigio perduti, per tornare ai fasti di una volta. Ma le finali si giocano in due e gli avversari sono forti e strafavoriti. Vengono da un campionato strepitoso, concluso in testa alla classifica. Il loro pubblico è in attesa di ubriacarsi di gloria cogliendo una vittoria che giudicano già loro per diritto acquisito. Al contrario la nostra squadra continua a macinare fatica e sudore con molta umiltà, consapevole del ruolo di vittima sacrificale predestinata, nella migliore delle ipotesi un semplice outsider. E infatti formalmente e ufficialmente le dichiarazioni alla stampa della società sono di basso profilo, senza proclami e senza presunzioni fuori luogo. Umiltà e modestia, secondo le regole dello sport. Ma in segreto, nel chiuso dello spogliatoio, lontano da occhi e orecchie indiscrete, c’è qualcuno che lavora sodo sia sui muscoli dei giocatori, sugli schemi tattici da adottare, ma anche e soprattutto sulla testa degli atleti. Uscire dal ruolo di predestinati alla sconfitta per entrare in quello di possibili vincitori e giocarsi tutto in una partita secca come è una finale di campionato. Un lavoro mentale di raffinata classe gestito con sapienza e intelligenza. Obiettivo, la vittoria.
Quindi di film del genere ce ne sono un’infinità, Hollywood è terreno fertile in questo settore. Ma quello che è indubbiamente il campione di questo filone è un film del 1999 intitolato Ogni maledetta domenica (Any Given Sunday) diretto da Oliver Stone, con Al Pacino nel ruolo del coach/allenatore di una squadra di football americano. Famosissima la scena del discorso ai giocatori in spogliatoio il giorno della finale. Un discorso motivazionale di grande effetto, al punto che è stato preso ad esempio dai docenti di tutto il mondo che tengono corsi di formazione del personale e motivazionali di ogni tipo e in ogni campo.
Come andò a finire il film? Ma con la vittoria della squadra di Al Pacino, naturalmente. Un grande e indimenticabile film e chi volesse rivedersi quella mitica scena dello spogliatorio può farlo in internet a questo indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=htT6p2zth70&feature=related
Certo, un film propone una realtà romanzata, scritta secondo i voleri degli sceneggiatori e del regista. Ma, si dice, la realtà è un’altra cosa….
Ebbene la storia di questo film e quella raccontata poco sopra l’hanno vista e vissuta nella realtà la squadra e i tifosi petrarchini nella stagione scorsa. L’hanno vissuta in prima persona, settimana dopo settimana, ogni maledetta domenica… La trama del film si trasforma in realtà, in storia vera. E’ la trionfale stagione del Petrarca, partito in sordina sebbene con buone motivazioni e altrettanto buone premesse, ma poi quasi afflosciatosi su stesso a metà percorso. Nel frattempo gli eterni rivali del Rovigo marciavano a vele spiegate in testa alla classifica, inanellando vittorie su vittorie e segnando record positivi. Il momento più duro da affrontare e superare è stato sicuramente proprio il derby del Plebiscito, conclusosi con una cocente sconfitta per il Petrarca proprio contro i rossoblu polesani. Una squadra sull’orlo del baratro, prima di tutto morale. E invece no. A onor del vero eramo in pochi a crederci ancora, chè lo scoramento era generale. Ma di sicuro c’era una persona che ancora continuava a crederci e andava ripetendo “sono sereno, non tutto è perduto”. Quell’uomo è Pasquale Presutti, l’allenatore tuttonero. Quel proclamare la propria serenità gli costò anche qualche sorriso di compatimento da parte di chi invece la fiducia l’aveva persa, se mai ne aveva avuta davvero. E infatti Pasquale, da coriaceo ex pilone qual è, non si arrende e continua a lavorare duro, in campo e in spogliatoio cercando di instillare nella mente dei suoi giocatori un pensiero positivo, un pensiero vincente.
Sappiamo tutti come è andata a finire. Quell’arroventato 28 maggio 2011, in uno stadio Battaglini ribollente dello spavaldo entusiasmo dei rossoblu che consideravano la partita di finale una mera formalità burocratica, con una tifoseria di casa in enorme sovrannumero rispetto a quella petrarchina e i media già pronti a osannare i vincitori predestinati, vide il Petrarca sovvertire ogni pronostico e vincere contro ogni previsione. Non sappiamo quali parole usò Pasquale Presutti per spronare i suoi. Ma certo lo possiamo immaginare e probabilmente sono parole e concetti molto simili a quelli pronunciati da Al Pacino nello spogliatoio immaginario del film. Di sicuro un discorso che mirava al cuore e alla mente dei giocatori. Un discorso vincente.
Naturalmente non manca chi sostiene che, rigiocata altre dieci volte la finale, il Petrarca non avrebbe colto lo stesso risultato... Illazioni da stress degli sconfitti? Magre e postume rivalse dovute all’invidia di chi è rimasto a bocca asciutta quando aveva già il calice in mano per festeggiare? Chissà. La verità è che chi vince ha sempre ragione e gli sconfitti hanno torto. E’ lo sport. E’ il rugby. E’ la vita.
Siamo all’inizio di una nuova stagione. L’auspicio è che possa essere interessante e avvincente almeno come la precedente. E che alla fine vinca con merito chi saprà arrivare ai play off nelle migliori condizioni possibili, fisiche e mentali… Ovvero, che vinca il migliore.
Angelo
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